DIALOGHI SULLA LETTERA AI ROMANI. Una teologia di Paolo interna all’Antico Testamento

DIALOGO 30-B BOZZA 1

di Fernando De Angelis (il file dei Dialoghi 28-31 è scaricabile dal Dialogo 31)

TEMA 4. LE SEI CITAZIONI BIBLICHE NEI CAPITOLI 14-15

1.ROMANI 14:10-12: «Ma tu, perché giudichi tuo fratello? E anche tu, perché disprezzi tuo fratello? Poiché tutti compariremo davanti al tribunale di Dio, infatti sta scritto: “Come io vivo”, dice il Signore, “ogni ginocchio si piegherà davanti a me, e ogni lingua darà gloria a Dio”. Così dunque ciascuno di noi renderà conto di sé stesso a Dio».

È una citazione di Isaia 45:21-23: «Non sono forse io, Javè? Fuori di me non c’è altro Dio, Dio giusto, e non c’è Salvatore fuori di me. Volgetevi a me e siate salvati, voi tutte le estremità della terra! Poiché io sono Dio, e non ce n’è nessun altro. Per me stesso io l’ho giurato; è uscita dalla mia bocca una parola di giustizia, e non sarà revocata: ogni ginocchio si piegherà davanti a me, ogni lingua mi presterà giuramento». Chi parla è Javè e fa una promessa per quel tempo, non per un futuro lontano.

Comunque, già dall’Antico Testamento si vede che, nel dominio universale di Javè, sarà coinvolto il Messia. Per esempio, nel Salmo 110:1 è scritto: «Javè ha detto al mio Signore: “Siedi alla mia destra finché io abbia fatto dei tuoi nemici lo sgabello dei tuoi piedi”». Espressione esplicitamente applicata a Gesù dalla Lettera agli Ebrei (1:13; 10:12-13), una Lettera che può anche considerarsi come un commento al Salmo 110. Concludiamo accennando al regno universale del Figlio dell’uomo annunciato da Daniele (7:13-14) e al fatto che Gesù, quando avrà preso il dominio completo, rimetterà tutto nelle mani del Padre, «affinché Dio sia tutto in tutti» (1Corinzi 15:25-28).

2. ROMANI 15:3: «Poiché anche il Messia non compiacque a sé stesso, ma come è scritto:
“Gli oltraggi di quelli che ti oltraggiano sono caduti sopra di me”»
. Paolo attribuisce le parole della citazione al Messia Gesù, ma sono tratte dal Salmo 69:7-9, nel quale Davide parla di se stesso. Un modo di citare che a noi può apparire scorretto, ma il Nuovo Testamento vede più volte in Davide un anticipo del Messia Gesù, “Figlio di Davide”. Come Gesù stesso fa, per esempio quando grida «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Matteo 27:46), riprendendo un Salmo (22:1), dove Davide parla di se stesso.

3. ROMANI 15:8-9: «Dico che il Messia è stato fatto ministro dei circoncisi, a dimostrazione della veracità di Dio, per confermare le promesse fatte ai padri, mentre i Gentili possono glorificare Dio per la sua misericordia, come sta scritto: “Per questo ti celebrerò fra i Gentili e salmeggerò al tuo nome”».  

Nel Dialogo 28, paragrafi 2 e 3, abbiamo visto che la citazione precedente sembra essere stata fatta da Paolo come ponte per passare ad una chiusura generale nella quale ribadire il principio ispiratore di tutta la Lettera, dimostrandone la validità con 4 citazioni dell’Antico Testamento, con questa che è la prima. Il principio ispiratore lo ribadisce all’inizio del soprastante passo che abbiamo riportato e che consiste nel parallelismo fra Giudei e Gentili.

La citazione è tratta dal Salmo 18:49 e, se non si ha presente il contesto originario, è facile pensare che si tratti di una profezia dell’Antico Testamento realizzatasi poi nel Nuovo. Riportiamola allora con un minimo di contesto: «Tu m’innalzi sopra i miei avversari, mi salvi dall’uomo violento. Perciò, o Javè, ti loderò tra le nazioni [Gentili] e salmeggerò al tuo nome. Grandi liberazioni egli accorda al suo re, usa benevolenza verso il suo unto [messia], verso Davide e la sua discendenza in eterno» (Salmo 18:48-50). Davide lodava Javè fra i Gentili per la protezione che aveva ricevuta nei confronti dei nemici. Era stato “unto” (che è il significato di “messia”) come re e Dio gli aveva promesso una discendenza senza fine (1Cronache 17:11-14). Quella benevolenza accordata a lui, perciò, la estende anche alla sua discendenza di “unti” re. Anche in questo caso, perciò, si applica e rinnova nel futuro qualcosa in qualche modo presente già nel passato.

In 1Cronache16:8-31, per esempio, Davide fa un ripetuto invito ad adorare Javè rivolto a tutti i popoli. Come tutti i popoli saranno poi invitati da Salomone quando inaugurerà il Tempio (1Re 8:41-41). Un invito che fu ben accolto, al punto che da Atti 2:5 vediamo che il Tempio arrivò ad essere frequentato da persone «di ogni nazione che è sotto il cielo».

4. ROMANI 15:10: «Ed è detto ancora: “Rallegratevi, o Gentili, con il suo popolo”». Paolo cita Deuteronomio 32, che non è un capitolo qualsiasi, perché contiene il messaggio finale che Dio volle fosse memorizzato DA TUTTI E SEMPRE, attraverso un Cantico che viene detto “di Mosè”, ma essendogli stato dettato, è più appropriato chiamarlo un “Cantico di Dio” (31:16-19). Su questo Cantico ci siamo già soffermati (Dialoghi 20-21/2-3), rilevando come inizi con un giudizio radicale su Israele, fino al punto che Dio sembra di non volerlo più considerare come suo figlio e come suo popolo (32:19:21). Dopo il giudizio, arriva però la promessa di grazia (32:36).

Paolo trae la sua citazione dall’ultimo versetto, che vediamo ora per intero: «Nazioni, cantate le lodi del suo popolo! Poiché Javè vendica il sangue dei suoi servi, fa ricadere la sua vendetta sopra i suoi avversari, ma si mostra propizio alla sua terra, al suo popolo» (32:43). Come altre volte detto, lo schema biblico del rapporto Israele-Gentili non è quello dell’altalena, con uno che va su e l’altro giù. Perciò i Gentili non sono chiamati a rallegrarsi quando Dio giudica il suo popolo, ma Paolo sottolinea un rallegrarsi dei Gentili «CON il suo popolo». Gentili, cioè, che sperano nella consolazione che Dio darà ad Israele, per associarsi alla sua gioia e partecipare alle benedizioni che riceverà.

5. ROMANI 15:11: «Gentili, lodate tutti il Signore, e tutti i popoli lo celebrino». È una citazione tratta dal Salmo 117:1, fatto di due soli versetti. Il secondo versetto è molto significativo, perché indica il motivo per il quale i Gentili dovrebbero lodare Javè. Riportiamo il Salmo per intero: «Lodate Javè, voi nazioni tutte! Celebratelo, voi tutti i popoli! Poiché la sua bontà verso di noi è grande, e la fedeltà del Javè dura per sempre. Alleluia». Il libro dei Salmi era l’innario d’Israele, perciò «la sua bontà verso di noi» si riferisce alla bontà di Dio in primo luogo verso Israele. Anche qui ci si riferisce a quel tempo e solo indirettamente al futuro.  Anche qui, Ebrei e Gentili sono di nuovo messi in parallelo, perché se Dio era buono e fedele per sempre verso Israele, potevano farci affidamento anche i Gentili.

6. ROMANI 15:12: «Di nuovo Isaia dice: “Vi sarà la radice di Isai, e colui che sorgerà a governare i Gentili; in lui spereranno i Gentili”». Isai era il padre di Davide (Rut 4:22), perciò viene evocato il sorgere di un re discendente di Davide (il Messia), che avrebbe riscattato Israele (Matteo 1:21), non però contro i Gentili, ma portando salvezza anche a loro.

Paolo cita Isaia 11:10, un capitolo molto particolare, nel quale il tema è annunciato già all’inizio: «Poi un ramo uscirà dal tronco d’Isai, e un rampollo spunterà dalle sue radici». Abbiamo altre volte fatto notare che spesso le citazioni servono non solo per trasmettere il significato delle parole riportate, ma richiamano alla memoria anche il contesto dal quale sono tratte. In questo caso il contesto è molto significativo. Estraiamo qualcosa dai versetti 2-9: «Colpirà il paese con la verga della sua bocca, e con il soffio delle sue labbra farà morire l’empio […] Il lupo abiterà con l’agnello, e il leopardo si sdraierà accanto al capretto […] il leone mangerà il foraggio come il bue […] Non si farà né male né danno su tutto il mio monte santo, poiché la conoscenza di Javè riempirà la terra, come le acque coprono il fondo del mare».

La profezia arriva fino al nuovo mondo, che ci sarà alla fine di questo tempo. Dio però è solito preparare fin dal passato ciò che realizzerà pienamente nel futuro. Ci limitiamo a rilevare come il libro di Giona racconti di un popolo di Gentili (i Niniviti), che trovarono perdono e salvezza confidando nel Dio d’Israele. Tutti i profeti erano coscienti che Dio operava universalmente, perché non era solo il Dio di Israele, ma anche il Creatore del mondo. Micaia, per esempio, pur avendo profetizzato qualcosa di circoscritto, invitò alla fine tutti i popoli a ricavarne un insegnamento (2Cronache 18:27).

CONCLUSIONE. Le ultime quattro citazioni che abbiamo riportate e che Paolo introduce per sostenere la sua tesi, non sono un accumulo di versetti simili, ma tendono a coprire tutta la Parola di Dio e tutti i tempi. Dato che vanno da Mosè a Davide e fino ai profeti. Riguardando sia il passato che il presente e il futuro, fino al nuovo mondo. C’è chi vede un’opera di Dio nella quale si ripete un’alternanza fra Giudei e Gentili, ma tutta la Lettera ai Romani sostiene che Dio non ha mai cessato di relazionarsi con i Gentili, basandosi proprio sull’Antico Testamento. Il contrasto fra Giudei e Gentili viene fatto risalire da molti ad Abramo ed alla circoncisione, ma già nel capitolo 4 Paolo aveva chiarito che Abramo può essere considerato come “padre” sia dai circoncisi che dagli incirconcisi (4:9-12).