DIALOGHI SULLA LETTERA AI ROMANI. Una teologia di Paolo interna all’Antico Testamento

DIALOGO 30-A BOZZA 1

di Fernando De Angelis (il file dei Dialghi 28-31 è scaricabile dal Dialogo 31)

TEMA 3. ELENCO DEI SALUTATI E QUESTIONE UDITORIO

1.L’importanza dei coniugi Priscilla e Aquila per la chiesa di Roma.

«Salutate Prisca e Aquila, miei compagni d’opera nel Messia Gesù, i quali per la vita mia hanno rischiato il loro collo; a loro, non io soltanto ma anche tutte le chiese dei Gentili rendono grazie. Salutate anche la chiesa che è in casa loro» (16:3-5a).

Paolo comincia i saluti con un grande elogio di Prisca e del marito Aquila: Prisca è il nome contratto di Priscilla, usato altrove, e qui è nominata per prima. I due sono nominati altre 4 volte nel Nuovo Testamento e sempre insieme, (Atti 18:1-3; 19:9; 1Corinzi 16:19; 2Timoteo 4:19), nel complesso Priscilla è nominata prima tre volte e Aquila due volte. Forse prevale Priscilla per il fatto che avevano una chiesa nella loro casa, per realizzare la quale è più determinante la donna.

L’elogio che fa Paolo è ancor più rilevante se si considera che i successivi saluti, ad altre 25 persone, sono tutti di tipo telegrafico. Questa coppia, insomma, è di fatto presentata come la fiduciaria di Paolo a Roma e fa pensare che la Lettera di Paolo fu consegnata a loro.

Di questi coniugi se ne ha in genere un’idea vaga, perché ce ne sono solo brevi cenni e in contesti diversi. Così sono pochi quelli che riuniscono le citazioni per farne un quadro complessivo. Noi lo abbiamo fatto solo perché stimolati da questa circostanza… e ne è valsa la pena, perché emergono cose interessanti e un motivo in più per coordinare Romani con Atti.

Atti 18:1-5: «Dopo questi fatti Paolo lasciò Atene e andò a Corinto. Qui vi trovò un certo Giudeo di nome Aquila, oriundo del Ponto, venuto di recente dall’Italia insieme con sua moglie Priscilla, perché Claudio aveva comandato che tutti i Giudei se ne andassero da Roma; egli si unì a loro.  E, siccome era del medesimo mestiere, abitava e lavorava con loro, poiché, di mestiere, erano fabbricanti di tende. Ogni sabato discuteva nella sinagoga e persuadeva Giudei e Greci. Quando poi Sila e Timoteo giunsero dalla Macedonia, Paolo si dedicò interamente alla predicazione, testimoniando ai Giudei che Gesù era il Messia».

Interessante che Aquila venga definito «un certo Giudeo» e che sia stato espulso da Roma perché considerato Giudeo, anche dopo aver creduto in Gesù. Una prova in più che, fino ad Atti 18, i Giudei che credevano in Gesù restavano Giudei a tutti gli effetti e membri della sinagoga.

Questo racconto è collocato all’inizio del soggiorno di Paolo a Corinto, mentre la Lettera ai Romani è alla fine di quel soggiorno, cioè posteriore di circa 2 anni. Perciò in Atti ci viene detto come era iniziata la vicenda di Priscilla e Aquila, mentre in Romani ne troviamo lo sviluppo. Se teniamo conto che gli Atti sono stati scritti a Roma, in primo luogo per i Romani e dopo la Lettera ai Romani, allora non è per caso che gli Atti incrementino ciò che aveva scritto Paolo nella Lettera, esaltando ancora di più il rapporto di questa coppia con Paolo.

Paolo si trovava nel bisogno e non voleva sovvenzioni da quelli che stava evangelizzando, perciò si mise a lavorare con le proprie mani. Accettando l’aiuto solo da chiese già consolidate, come quello portatogli da Sila e Timoteo, proveniente dalle chiese della Macedonia, della quale facevano parte Filippi e Tessalonica, come detto in modo più esplicito in 2Corinzi 11:7-9. Priscilla e Aquila gli offrirono lavoro e alloggio, così stabilirono una relazione molto intensa.

Quando poi Paolo partì da Corinto per andare a Gerusalemme e tornare, Priscilla e Aquila chiusero la bottega e si unirono all’equipe missionaria di Paolo, che però li fece fermare ad Efeso, dove svolsero un’importante funzione, come si può vedere dal passo successivo.

Atti 18:24-26: «Ora un Ebreo di nome Apollo, oriundo d’Alessandria, uomo eloquente e potente nelle Scritture, arrivò a Efeso. Egli era stato istruito nella via del Signore; ed essendo fervente di spirito, parlava e insegnava accuratamente le cose relative a Gesù, benché avesse conoscenza soltanto del battesimo di Giovanni. Egli cominciò pure a parlare francamente nella sinagoga. Ma Priscilla e Aquila, uditolo, lo presero con loro e gli esposero più accuratamente la via di Dio.

Da notare che anche Apollo, dopo avere in qualche modo creduto in Gesù, continuava a frequentare la sinagoga ed è proprio lì che incontrò Priscilla e Aquila. Poco dopo, però, i Giudei che non avevano accettato Gesù come Messia resero impossibile la frequenza della sinagoga a quelli che lo avevano accettato. Perciò i credenti in Gesù formarono un’assemblea distinta (Atti 19:9). Così Aquila e Priscilla vissero direttamente l’inizio di questa nuova fase.

Gli Atti ci dicono come, a Corinto e ad Efeso, era avvenuta la separazione della chiesa dalla sinagoga, con le soluzioni rimediate sul momento (Atti 18:4-7; 19:8-9). Il sottostante passo su Aquila e Priscilla, che ora vedremo, ci dice quale fu il rimedio stabilizzato: quello dell’inizio delle “chiese in casa”.

1Corinzi 16:19: «Le chiese dell’Asia vi salutano. Aquila e Priscilla, con la chiesa che è in casa loro, vi salutano molto nel Signore». Per Asia, a quel tempo, si intendeva la regione che aveva come capitale Efeso. Infatti Paolo ha scritto la 1Corinzi mentre era ad Efeso da qualche tempo (1Corinzi 16:8) e si era già consumata la separazione dalla sinagoga descritta in Atti 19:9, dove ci viene detto che i credenti in Gesù si riunirono «nella scuola di Tiranno». 1Corinzi 16:19 ci informa però che fu da subito messa in atto la strategia delle “Chiese nelle case”, con il coinvolgimento di Priscilla e Aquila.

L’ordine ai Giudei di allontanarsi da Roma non durò a longo, cosi Priscilla e Aquila potettero rientrare, iniziando pure a Roma il movimento delle “chiese nelle case”, diffondendo l’insegnamento ricevuto da Paolo. Anche questo spiega perché Paolo fosse già in contatto con quei molti credenti di Roma che saluta. Oltre a valorizzare di più Priscilla e Aquila, gli Atti fanno vedere che Paolo aveva contribuito alla crescita della chiesa di Roma anche prima del suo arrivo, seppur in modo indiretto, cioè attraverso Priscilla e Aquila, suoi discepoli e benefattori.

L’ultima citazione di Priscilla e Aquila è quella in 2Timoteo 4:19: «Saluta Prisca, Aquila e la famiglia di Onesiforo». È una Lettera che Paolo scrive quando sta per subire il martirio (4:6) e ci fa capire che Priscilla e Aquila sono rimasti vicino a Paolo fino alla fine.

2. Qualche cenno sul lungo elenco.

«Salutate il mio caro Epeneto, che è la primizia dell’Asia per Cristo. 6 Salutate Maria, che si è molto affaticata per voi. 7 Salutate Andronico e Giunia, miei parenti e compagni di prigione, i quali sono segnalati fra gli apostoli e anche sono stati in Cristo prima di me. 8 Salutate Ampliato, mio diletto nel Signore. 9 Salutate Urbano, nostro compagno d’opera in Cristo, e il mio caro Stachi. 10 Salutate Apelle, che ha dato buona prova in Cristo. Salutate quei di casa di Aristobulo. 11 Salutate Erodione, mio parente. Salutate quei di casa di Narcisso che sono nel Signore. 12 Salutate Trifena e Trifosa, che si affaticano nel Signore. Salutate la cara Perside, che si è molto affaticata nel Signore. 13 Salutate Rufo, l’eletto nel Signore, e sua madre, che è anche mia. 14 Salutate Asincrito, Flegonte, Erme, Patroba, Erma e i fratelli che sono con loro. 15 Salutate Filologo e Giulia, Nereo e sua sorella, Olimpia e tutti i santi che sono con loro. 16 Salutatevi gli uni gli altri con un santo bacio. Tutte le chiese di Cristo vi salutano» (16:5b-16).

Sono nominate 25 persone, spesso con la breve aggiunta di qualche caratteristica. Perciò non erano solo nomi, ma persone che Paolo conosceva almeno un po’, probabilmente per averle incontrate in qualche loro viaggio verso in Oriente.

Oltre a quella nella casa di Priscilla e Aquila, vengono segnalate altre due chiese in casa (versetti 14 e 15).

Alcuni accusano Paolo di avere in antipatia le donne, condizionati dal suo ordine: «Come si fa in tutte le chiese dei santi, le donne tacciano nelle assemblee, perché non è loro permesso di parlare, ma devono stare sottomesse, come dice anche la legge» (1Corinzi 14:34). Nel volume sulla 1Corinzi abbiamo sottolineato che le donne sono invitate a tacere in quel contesto di ufficialità, ma che nella sostanza possono svolgere una funzione anche massima, specie nell’insegnamento ai singoli, proprio quando fanno della loro casa una chiesa.

In ogni caso, includendo Priscilla e Aquila, nell’elenco ci sono 9 donne e 18 uomini: questo è già un indice che veniva riconosciuto alle donne un ruolo significativo. Se però consideriamo le persone segnalate come “impegnate”, sorprendentemente prevalgono le donne (7 contro 5).

Le 7 donne “impegnate” agivano in modo vario, come oggi:

-due agivano in coppia con i mariti (Priscilla e Aquila, Andronico e Giunia, versetto 7);

-una è associata al figlio Rufo (versetto 13);

-due lavoravano in collaborazione fra loro (Trifena e Trifosa, versetto 12);

-due sono nominate da sole e forse agivano come single (Maria e Perside, versetti 6 e 12).

Quando Paolo stava arrivando a piedi a Roma, in Atti 28:15 è raccontato che gli andarono incontro a 60 km di distanza! Di questa calorosa accoglienza non c’è negli Atti una spiegazione, perché non segnalano nessun precedente contatto di Paolo con i credenti di Roma. Integrando gli Atti con l’elenco dei salutati presente in Romani, invece, si capisce che Paolo arrivò a Roma non da sconosciuto, ma avendo già stabilito molti contatti con i credenti.

3. Un uditorio dai contorni sfumati, ma al quale Paolo adatta la sua Lettera.

Sull’uditorio al quale si rivolge Paolo, sono caduto in due equivoci. Il primo riguarda Romani 7:1, dove Paolo scrive: «Io parlo a persone che hanno conoscenza della legge». Mi ha fatto pensare che si rivolgesse a Giudei. Però poi, in Romani 11:13, sembra scrivere il contrario: «Io parlo a voi, o Gentili, perché io sono apostolo dei Gentili, onoro il mio ministerio». L’equivoco dipende dal fatto che oggi un cristiano si sente di solito autorizzato a trascurare la conoscenza dell’Antico Testamento in generale e della legge di Mosè in particolare, salvo alcune parti o versetti (per esempio i Salmi e certi versetti che consolano). Al tempo degli apostoli, invece, la Parola di Dio ufficiale era costituita dal solo Antico Testamento: l’istruzione che ricevevano quelli che si battezzavano si basava perciò su di esso.

Per farla breve, Paolo si rivolge «a persone che hanno conoscenza della legge» nel senso di credenti in Gesù già maturi. Come dimostra anche il contenuto della Lettera, che affronta questioni fondamentali.

Si rivolgeva poi ad un uditorio misto, dove c’erano Giudei quali erano Priscilla e Aquila, ma anche Gentili, come mostra l’insistere di Paolo sulla necessità di accogliersi fraternamente fra Giudei e Gentili (capitolo 14). L’uditorio misto si può intravedere anche in uno schema che percorre tutta la Lettera, nel quale c’è un continuo parallelismo fra come Dio si comporta con i Giudei e con i Gentili (ci torneremo ulteriormente nel Tema 4).

Il secondo equivoco riguarda il rivolgersi ai cittadini di Roma in lingua greca. Ciò mi faceva supporre un uditorio prevalentemente circoscritto a persone di origine orientale e con forte componente ebraica. Anche perché gli Atti ci raccontano che il nucleo iniziale della chiesa era di provenienza sinagogale.

Prima dell’arrivo di Paolo, però, gli Atti stessi ci dicono che la sinagoga di Roma, come istituzione, non era stata posta a confronto con l’annuncio che il Messia era arrivato nella persona di Gesù, pur avendone sentito parlare in modo vago (Atti 28:17-24). I Giudei credenti in Gesù di Roma, perciò, lo erano diventati attraverso un passaparola di tipo individuale, coinvolgente evidentemente anche i Gentili.

L’uso della lingua greca non significava il rivolgersi ad un settore particolare della città. Perché a Roma la lingua greca era compresa pressoché da tutti, ancor più rilevante è che le chiese si erano fino ad allora formate soprattutto nell’Oriente greco, con la lingua greca che era diventata quella ufficiale nelle sinagoghe (prese come modello dalle prime chiese). Determinante era anche il fatto che, mentre esisteva già da un paio di secoli un Antico Testamento in greco, per il diffondersi di un Antico e Nuovo Testamento in latino bisognerà attendere più di tre secoli, cioè la Vulgata di Girolamo (405). Un secolo dopo Paolo, in un luogo lontano dall’Oriente come Lione, nella prima chiesa lì costituitasi si adottava ancora la lingua greca.

Chiarire a quale uditorio si rivolga Paolo è fondamentale, perché era sua abitudine adattare il messaggio alle caratteristiche degli ascoltatori. Basta leggere come si era espresso nella sinagoga di Antiochia di Pisidia e all’Areopago (Atti 13:16-41; 17:22-31), oppure considerare come la 1Corinzi sia strettamente connessa con i reali problemi di quella chiesa.

È importante rendersi conto che, nella Lettera ai Romani, Paolo fa un adattamento del Vangelo alla mentalità romana. Ciò sarà determinante per la profonda penetrazione del messaggio nell’impero romano d’Occidente. L’adattamento si vede nell’impostazione giuridica della salvezza, nell’importanza data alla legge e nell’argomentare in modo logico-razionale: valori tipicamente romani. C’è poi un’equiparazione Giudei-Gentili che sottolinea l’universalità del Vangelo: un’universalità non contrapposta alla sua giudaicità, che però è integrata, andando oltre.