DIALOGHI SULLA LETTERA AI ROMANI. Una teologia di Paolo interna all’Antico Testamento

DIALOGO 28 BOZZA 1

di Fernando De Angelis (Scarica il file QUI)

CHIUSURA DELL’INSEGNAMENTO E SALUTI (15:1 a 16:27)

INDICE

1.Programma: ora una carrellata sui capitoli 15-16, poi sviluppo di 5 temi.

2. Chiusura della sezione sull’etica (15:1-7).

3. L’equiparazione Giudei-Gentili supportata dall’Antico Testamento (15:8-13).

4. Paolo motiva il suo interesse per i Romani con la sua vocazione per Gentili (15:14-22).

5. Una Lettera scritta nel contesto di Atti 20.

6. I molti saluti personali e la chiusura finale (16:1-27).

1.Programma: ora una carrellata sui capitoli 15-16, poi sviluppo di 5 temi.

Leggendo normalmente i due capitoli finali è facile avere l’impressione che ci sia poco da commentare. Se però ci si sofferma su alcuni dettagli e si riflette, emergono questioni importanti.

Pensiamo allora che sia opportuno cogliere prima quello che è più evidente, approfondendo alcuni dettagli attraverso 5 temi, dei quali anticipiamo il titolo provvisorio.

Tema 1. A Paolo fu rivelata solo alla fine la sua missione a Roma.

Tema 2. Atti e Romani: un intreccio complicato.

Tema 3. Elenco dei salutati e questione uditorio.

Tema 4. le sei citazioni bibliche nei capitoli 14-15.

Tema 5. Il linguaggio trinitario nei capitoli 14-16

Nella prima parte del capitolo 15 Paolo procede in una chiusura progressiva, in modo simile a come fatto alla fine del capitolo 11 (vedere Dialogo 22/4).

Prima chiude la sezione sull’etica (versetti 1-7), ma come al solito in modo da facilitare il passaggio all’argomento successivo.

Poi mette in evidenza il suo obiettivo generale, che è quello di un’equiparazione fra Giudei e Gentili, dimostrandone la fondatezza con 4 citazioni dell’Antico Testamento (versetti 8-13).

Da 15:14 in poi, avendo conclusa la trattazione dottrinale, passa ad un dialogo personale.

2. Chiusura della sezione sull’etica (15:1-7).

«1 Ora noi, che siamo forti, dobbiamo sopportare le debolezze dei deboli e non compiacere a noi stessi. 2 Ciascuno di noi compiaccia al prossimo nel bene, a scopo di edificazione. 3 Poiché anche Cristo non compiacque a sé stesso, ma come è scritto: “Gli oltraggi di quelli che ti oltraggiano sono caduti sopra di me”. 4 Perché tutto quello che fu scritto in passato fu scritto per nostra istruzione, affinché, mediante la pazienza e la consolazione delle Scritture, riteniamo la speranza. 5 Il Dio della pazienza e della consolazione vi conceda di avere fra voi un medesimo sentimento secondo Cristo Gesù, 6 affinché di un solo animo e di una stessa bocca glorifichiate Dio, il Padre del nostro Signore Gesù Cristo. 7 Perciò accoglietevi gli uni gli altri, come anche Cristo ha accolto noi per la gloria di Dio (15:1-7).

Abbiamo visto che i due cicli sull’etica cominciano con l’amore fraterno (12:9 e 13:8), perciò non sorprende che anche la chiusura sull’etica si concentri su di esso. Ciò è vero per l’inizio del brano (versetti 1-2) e per la sua fine (versetti 5-7), mentre nel mezzo (versetti 3-4) c’è un inciso il cui significato appare come una parentesi, ma in realtà è preparatorio del brano successivo.

Nell’inciso, Paolo fa una citazione dell’Antico Testamento che esamineremo nel Tema 4, limitandoci ora ad osservare che Paolo lo porta come illustrazione dell’affermazione precedente, ma non è immediato coglierne la pertinenza. Quella citazione è però usata da Paolo per poi esaltare «tutto quello che fu scritto in passato» (versetto 4), preparando così il lettore ad accogliere le successive 4 citazioni dell’Antico Testamento (versetti 9-12).

Dopo l’inciso, cioè nei versetti 5-7, Paolo riprende il discorso, mettendo in evidenza il risultato che si dovrebbe produrre, se in una chiesa si vive l’amore fraterno: quello di essere «di un solo animo e di una stessa bocca» (versetti 5-6). Ribadendo l’invito ad accogliersi (versetto 7), che aveva fatto iniziando l’argomento (14:1).

3. L’equiparazione Giudei-Gentili supportata dall’Antico Testamento (15:8-13).

Infatti io dico che Cristo è stato fatto ministro dei circoncisi, a dimostrazione della veracità di Dio, per confermare le promesse fatte ai padri, mentre i Gentili possono glorificare Dio per la sua misericordia, come sta scritto: “Per questo ti celebrerò fra i Gentili e salmeggerò al tuo nome”. Ed è detto ancora: “Rallegratevi, o Gentili, con il suo popolo”. E altrove: “Gentili, lodate tutti il Signore, e tutti i popoli lo celebrino”. E di nuovo Isaia dice: “Vi sarà la radice di Isai, e colui che sorgerà a governare i Gentili; in lui spereranno i Gentili”. Ora il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e di ogni pace nel vostro credere, affinché abbondiate nella speranza, mediante la potenza dello Spirito Santo (Romani 15:8-13).

Dopo l’introduzione, Paolo aveva iniziato la Lettera esponendo la dottrina della salvezza con un parallelismo fra Giudei e Greci (1:16), ribadito alla fine di una prima conclusione dell’argomento (3:30) e che poi percorrerà tutta la Lettera (per esempio, 10:12). In per tutta la Lettera, poi, ha supportato i vari passaggi con citazioni dell’Antico Testamento. Non sorprende, perciò, che chiuda la trattazione dottrinale ribadendo il parallelismo Giudei-Gentili, supportando l’interesse di Dio per i Gentili con 4 citazioni tratte dall’Antico Testamento, che è necessario comprendere bene e che vedremo in dettaglio nel Tema 4.

4. Paolo motiva il suo interesse per i Romani con la sua vocazione per Gentili (15:14-22).

«14 Ora, fratelli miei, io pure sono persuaso, a vostro riguardo, che anche voi siete pieni di bontà, ricolmi di ogni conoscenza, capaci anche di ammonirvi a vicenda. 15 Ma vi ho scritto un po’ arditamente su alcuni punti, per ricordarveli di nuovo, a motivo della grazia che mi è stata fatta da Dio, 16 di essere un ministro di Cristo Gesù per i Gentili, esercitando il sacro servizio dell’evangelo di Dio, affinché l’offerta dei Gentili sia gradita, santificata dallo Spirito Santo. 17 Io ho dunque di che vantarmi in Cristo Gesù, per quel che concerne le cose di Dio, 18 perché io non ardirei dire cosa che Cristo non abbia operata per mio mezzo, in vista dell’ubbidienza dei Gentili, in parola e in opera, 19 con potenza di segni e prodigi, con potenza dello Spirito Santo. Così, da Gerusalemme e dintorni fino all’Illiria, ho predicato dovunque l’evangelo di Cristo, 20 avendo l’ambizione di predicare l’evangelo là dove Cristo non era già stato nominato, per non edificare sul fondamento altrui, 21 come è scritto: “Coloro ai quali nulla era stato annunciato di lui, lo vedranno; e coloro che non ne avevano udito parlare, intenderanno”. 22 Per questa ragione appunto sono stato tante volte impedito di venire a voi, 23 ma ora, non avendo più campo da lavorare in queste contrade e avendo già da molti anni gran desiderio di recarmi da voi, 24 quando andrò in Spagna, spero, passando, di vedervi e di essere da voi aiutato nel mio viaggio fin là, dopo che mi sarò in parte saziato della vostra compagnia» (15:14-24). 

In 7:1 Paolo scrive che parla «a persone che hanno conoscenza della legge» e ciò farebbe pensare che si rivolga ad Ebrei. Però poi sembra affermare il contrario, sia in 11:3 («Io parlo a voi, o Gentili») e sia nei versetti che stiamo esaminando. Si pone allora il problema di quale sia l’uditorio al quale Paolo si rivolge, ma a questo dedichiamo il Tema 3.

Nei versetti 18-19 Paolo sintetizza due caratteristiche della sua predicazione, quella della corrispondenza fra ciò che diceva con ciò che faceva e quella di una predicazione fatta non solo di parole, ma anche «con potenza di segni e prodigi, con potenza dello Spirito Santo». Caratteristiche che emergono ancora di più nella 1Corinzi (per esempio, in 4:17 e 2:4-5).

Paolo voleva evangelizzare partendo dalle fondamenta, mentre a Roma c’erano già diversi credenti. Perciò aveva programmato di farci un breve soggiorno, proseguendo poi per regioni «dove Cristo non era già stato nominato». I programmi di Dio erano però diversi e Paolo morirà martire a Roma. C’è da chiedersi perché Paolo non ne fu reso consapevole ed è la domanda che ci siamo posta nel Tema1.

5. Una Lettera scritta nel contesto di Atti 20.

«25 Ora vado a Gerusalemme per rendere un servizio ai santi, 26 perché la Macedonia e l’Acaia si sono compiaciute di raccogliere una contribuzione per i poveri fra i santi che sono in Gerusalemme. 27 Si sono compiaciute, dico, ed è anche un debito che esse hanno verso di loro, perché, se i Gentili sono stati fatti partecipi dei loro beni spirituali, sono anche in obbligo di aiutarli con i beni materiali. 28 Quando dunque avrò compiuto questo servizio e consegnato questo frutto, andrò in Spagna passando da voi 29 e so che, recandomi da voi, verrò con la pienezza delle benedizioni di Cristo. 30 Ora, fratelli, vi esorto per il Signore nostro Gesù Cristo e per l’amore dello Spirito a combattere con me nelle vostre preghiere a Dio in mio favore, 31 affinché io sia liberato dai disubbidienti di Giudea e la sovvenzione che porto a Gerusalemme sia gradita ai santi, 32 in modo che, se piace a Dio, io possa venire da voi con gioia e rinfrancarmi in vostra compagnia. 33 Ora il Dio della pace sia con tutti voi. Amen. «Ora vado a Gerusalemme per rendere un servizio ai santi, perché la Macedonia e l’Acaia si sono compiaciute di raccogliere una contribuzione per i poveri fra i santi che sono in Gerusalemme. Si sono compiaciute, dico, ed è anche un debito che esse hanno verso di loro, perché, se i Gentili sono stati fatti partecipi dei loro beni spirituali, sono anche in obbligo di aiutarli con i beni materiali. Quando dunque avrò compiuto questo servizio e consegnato questo frutto, andrò in Spagna passando da voi e so che, recandomi da voi, verrò con la pienezza delle benedizioni di Cristo. Ora, fratelli, vi esorto per il Signore nostro Gesù Cristo e per l’amore dello Spirito a combattere con me nelle vostre preghiere a Dio in mio favore, affinché io sia liberato dai disubbidienti di Giudea e la sovvenzione che porto a Gerusalemme sia gradita ai santi, in modo che, se piace a Dio, io possa venire da voi con gioia e rinfrancarmi in vostra compagnia. Ora il Dio della pace sia con tutti voi. Amen» (15:25-33).

Paolo scrive mentre sta per andare a Gerusalemme e ciò colloca questa Lettera nel contesto di Atti 20:22, cioè del discorso agli anziani di Efeso.

Paolo era cosciente che portava «la pienezza delle benedizioni di Cristo» (versetto 29), ma nel contesto di una reciprocità che lo rendeva aperto ad accogliere i doni spirituali di tutti, come aveva precisato in 1:11-12.

Il versetto 30 è “trinitario”, ma nei capitoli 14-16 ce ne sono altri ed a questo linguaggio dedichiamo il Tema 5.

Il brano termina con una formula di chiusura, poi cominciano i saluti, con altre chiusure.

6. I molti saluti personali e la chiusura finale (16:1-27).

«1 Vi raccomando Febe, nostra sorella, che è diaconessa della chiesa di Cencrea, 2 perché la riceviate nel Signore, in modo degno dei santi, e le prestiate assistenza, in qualunque cosa ella possa aver bisogno di voi, poiché ella pure ha prestato assistenza a molti e anche a me.
3 Salutate Prisca e Aquila, miei compagni d’opera in Cristo Gesù, 4 i quali per la vita mia hanno rischiato il loro collo; a loro, non io soltanto ma anche tutte le chiese dei Gentili rendono grazie. 5 Salutate anche la chiesa che è in casa loro» (16:1-5 a).

Il commiato comincia con la raccomandazione ad accogliere Febe (versetti 1-2), alla quale era stata affidata la Lettera. Poi c’è un saluto ai coniugi Prisca (Priscilla) e Aquila (versetti 3-4), dei quali si parla anche in altre parti del Nuovo Testamento: mettendo insieme i vari riferimenti se ne può ricavare qualcosa di interessante. Questo, però, come il lungo elenco di persone che segue (versetti 5b-16), lo vedremo meglio nel Tema 3

«17 Ora io vi esorto, fratelli, tenete d’occhio quelli che provocano le divisioni e gli scandali contro l’insegnamento che avete ricevuto e allontanatevi da loro. 18 Costoro, infatti, non servono il nostro Signore Gesù Cristo ma il proprio ventre e con dolce e lusinghiero parlare seducono il cuore dei semplici. 19 Quanto a voi, la vostra ubbidienza è giunta a conoscenza di tutti. Io dunque mi rallegro per voi, ma desidero che siate saggi nel bene e incontaminati dal male. 20 Il Dio della pace triterà presto Satana sotto i vostri piedi. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con voi» (16:17-20).

Questi versetti costituiscono un inciso significativo. Abbiamo visto che in precedenza Paolo aveva insistito sull’accogliersi l’un l’altro, mentre qui invita ad allontanarsi da quelli che si dichiaravano credenti ma che distruggevano la chiesa. Si trattava di persone che contrastavano l’insegnamento originario, facendosi un loro partito per ricavarne un’utilità economica. Usando lo strumento «del dolce e lusinghiero parlare» sul modello di Absalom (1Samuele 15:1-6), cioè seducendo «il cuore dei semplici» con l’elogio, evitando di ammonire e sottolineando un amore di Dio separato dalla sua serietà. Non è secondario precisare che Paolo non invita ad allontanarli, ma ad allontanarsi, a schivarli, a evitarli. Come raccomandato anche a Timoteo e a Tito (1Timoteo 6:20-24; 2Timoteo 2:16-18; 3:5-9; Tito 3:9-11).

Paolo conclude che, se saranno accorti nel contrastare il male, «il Dio della pace triterà presto Satana sotto i vostri piedi» (versetto 20). Un’espressione che è l’opposto di quella che spesso si sente sul prevalere dei malvagi e sulla potenza del “Principe di questo mondo”. Alla quale viene di solito aggiunto un “purtroppo” che, per questa vita, significa più rassegnazione che speranza.

«21 Timoteo, mio compagno d’opera, vi saluta e vi salutano anche Lucio, Giasone e Sosipatro, miei parenti. 22 Io, Terzio, che ho scritto la lettera, vi saluto nel Signore. 23 Gaio, che ospita me e tutta la chiesa, vi saluta. Erasto, il tesoriere della città, e il fratello Quarto vi salutano. 24 [La grazia del nostro Signore Gesù Cristo sia con tutti voi. Amen.] «25 A colui che può fortificarvi secondo il mio evangelo e la predicazione di Gesù Cristo, conformemente alla rivelazione del mistero che fu tenuto nascosto fin dai tempi più remoti 26 ma che ora è rivelato e reso noto mediante le Scritture profetiche, per ordine dell’eterno Dio, a tutte le nazioni perché ubbidiscano alla fede, 27 a Dio unico in saggezza, per mezzo di Gesù Cristo, sia la gloria nei secoli dei secoli. Amen» (16:25-27).

Paolo invia i saluti anche dei collaboratori che erano con lui, mettendo in rilievo Timoteo. Emerge poi la particolarità che Paolo aveva dettato la Lettera a Terzio ed era lui ad averla materialmente scritta. Forse per i problemi che Paolo aveva agli occhi, come si può dedurre da Galati 4:13-15. Il versetto 24 manca in alcuni manoscritti e certe versioni lo scartano. In ogni caso appare ridondante, data la chiusura finale del versetto 27.

La Lettera termina con una lode a Dio (versetti 25-27) simile a quella alla fine del capitolo 11. Paolo parla della «rivelazione del mistero che fu tenuto nascosto fin dai tempi più remoti ma che ora è rivelato»: queste parole vengono a volte usate da quelli che propongono il Vangelo come una “completa e inattesa novità”.

Certo che Gesù è una novità, ma non completa e non inattesa, se si considera il contesto immediato e quello generale delle parole di Paolo. Infatti il mistero è «reso noto mediante le Scritture profetiche» e perciò era atteso. Poi «per ordine dell’eterno Dio» e, se Dio è eterno, non abbandona i suoi progetti, ma li sviluppa. Per il contesto generale della Lettera ai Romani ci limitiamo a sottolineare di nuovo che Paolo, dopo aver esposto la salvezza per grazia (capitoli 1-3), fa notare che Dio l’aveva già applicata ad Abramo e a Davide (capitolo 4). Perciò non era qualcosa di completamente nuovo, anche se certamente Paolo lo rende più evidente e chiaro.