DIALOGHI SULLA LETTERA AI ROMANI. Una teologia di Paolo interna all’Antico Testamento
DIALOGO 27 BOZZA 1
di Fernando De Angelis (Scarica QUI il file dei Dialoghi 23-27)
SECONDO CICLO SULL’ETICA CRISTIANA (13:8 a 14:23)
1.Struttura della sezione sull’etica (12:1 a 15:7).
La suddivisione dei libri della Bibbia in capitoli e versetti si è completata ed è stata universalmente accettata alla fine del XVI secolo! Ora nelle Bibbie c’è di solito anche la suddivisione in argomenti e sono aiuti che apprezzo anche io, MA… Se vogliamo capire meglio, dopo il primo orientamento datoci dai traduttori, bisogna soffermarsi con calma per comprendere la struttura che l’autore voleva trasmettere, non sempre coincidente con quella che troviamo stampata. L’autore ha infatti usato altri mezzi, rispetto a quelli moderni, per segnalare il susseguirsi delle varie tappe che vuole farci percorrere.
È evidente, per esempio, come in 13:8 Paolo riprenda il tema dell’amore fraterno, già introdotto in 12:9-10. Secondo il solito schema che abbiamo più volte visto e del quale è necessario prendere atto: quello di anticipare sinteticamente il tema che svilupperà, esponendolo poi in modo ciclico.
Dopo i primi 8 capitoli sulla salvezza e i capitoli 9-11 su Israele, da 12:1 e fino 15:7 Paolo delinea le conseguenze che dovrebbero prodursi nel comportamento del credente, secondo il sottostante schema complessivo che proponiamo.
12:1-8. L’amore di Dio verso di noi come fondamento dell’etica.
12:9 fino 13:7. Primo ciclo sull’etica. L’amore fraterno viene posto come base (12:9-10) e poi applicato: a vari aspetti della vita di fede (12:11-16); a chi ci fa del male (12:17-21); a come relazionarci verso le autorità civili, che rappresentano l’intera società (13:1-7).
13:8 fino 15:7. Secondo ciclo sull’etica. Ripresa e ampliamento del fondamento dell’amore fraterno (13:8-10). Esortazione basata sull’attesa del ritorno di Gesù (13:11-14). Applicazione al rapporto fra credenti Giudei e credenti Gentili (14:1 fino 15:7).
Dopo aver scorso il testo fino 13:7, prenderemo ora in considerazione il secondo ciclo sull’etica, fermandoci però alla fine del capitolo 14, perché l’inizio del capitolo 15 fa da ponte con la parte successiva ed è bene esaminarlo dopo
2. Ripresa e ampliamento sull’amore fraterno (13:8-10).
«Non abbiate altro debito con alcuno se non di amarvi gli uni gli altri, perché chi ama il prossimo ha adempiuto la legge. Infatti il “non commettere adulterio”, “non uccidere”, “non rubare”, “non concupire” e qualsiasi altro comandamento si riassumono in questa parola: “Ama il prossimo tuo come te stesso”. L’amore non fa alcun male al prossimo; l’amore, quindi, è l’adempimento della legge» (Romani 13:8-10).
Abbiamo collegato questo passo con 12:9-10 (Dialogo 24/3), dove Paolo esorta all’amore fraterno in modo sintetico. Rimandiamo perciò a quel commento, ribadendo che la ripetizione indica un nuovo ciclo di considerazioni, a partire sempre da quel comandamento.
3. Esortazione basata sul ritorno di Gesù (13:11-14).
«E questo tanto più dovete fare, conoscendo il tempo nel quale siamo: è ora ormai che vi svegliate dal sonno, perché la salvezza ci è adesso più vicina di quando credemmo. La notte è avanzata, il giorno è vicino; gettiamo dunque via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente, come di giorno: non in gozzoviglie e ubriachezze, non in lussuria e dissolutezza, non in contese e invidie, ma rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non abbiate cura della carne per soddisfarne le concupiscenze» (Romani 13:11-14).
Paolo fa qui riferimento a quell’attesa di un imminente avvento del regno di Dio che percorre tutto il Nuovo Testamento e collegata al ritorno di Gesù. Si potrebbe pensare che sia stato un errore, visto che dopo 2000 anni quel regno non si è manifestato con chiarezza, ma altre considerazioni portano a conclusioni diverse.
Prima di tutto questa convinzione di Paolo è condivisa anche da Giacomo, Pietro e Giovanni (Giacomo 5:8-9; 1Pietro 4:7; 1Giovanni 2:8,18). Essa in fondo prosegue il messaggio di Giovanni Battista: «Ravvedetevi, poiché il regno dei cieli è vicino (Matteo 3:2)», messaggio ripetuto da Gesù e dagli apostoli (Matteo 4:17; 10:7).
Quello che è più importante, però, è che Gesù stesso invita ad essere sempre pronti per accoglierlo al suo ritorno (Matteo 24:36-44; 25:13). Chi l’attende non viene ingannato: perché ne trae stimolo per una maggiore santificazione, perché Gesù gli farà sentire ancor più la sua presenza, perché in genere ogni generazione sperimenta una particolare manifestazione di Gesù nel mondo (se si è capaci di vederla).
Ci sono tre esortazioni, riguardanti tre ambiti di vita e costituite ciascuna da due elementi.
IN SOCIETÀ: «Non in gozzoviglie e ubriachezze».
COME SINGOLI: «Non in lussuria e dissolutezza».
VERSO IL PROSSIMO: «Non in contese e invidie».
Dopo aver precisato che cosa NON bisogna fare, Paolo indica che cosa fare: «Ma rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non abbiate cura della carne per soddisfarne le concupiscenze». Un rivestirsi DI Gesù, più che essere rivestiti DA Gesù. Un essere il suo corpo, più che assomigliargli.
Non si può vivere solo di divieti e perciò è questo “essere in Gesù” che permette di evitare le concupiscenze. Come è espresso in modo simile in Galati 5:16: «Camminate per lo Spirito e non adempirete i desideri della carne».
4. Ebrei e Gentili, due modi diversi di seguire Gesù (14:1-23).
A) Prima esposizione (14:1-12).
«Quanto a colui che è debole nella fede, accoglietelo, ma non per discutere opinioni. Uno crede di poter mangiare di tutto, mentre l’altro, che è debole, mangia soltanto verdure. Colui che mangia di tutto, non sprezzi colui che non mangia di tutto e colui che non mangia di tutto, non giudichi colui che mangia di tutto, perché Dio lo ha accolto. Chi sei tu che giudichi il domestico altrui? Se sta in piedi o se cade è cosa che riguarda il suo padrone, ma egli sarà tenuto in piedi, perché il Signore è potente da farlo stare in piedi. Uno stima un giorno più di un altro, l’altro stima tutti i giorni uguali; sia ciascuno pienamente convinto nella propria mente. Chi ha riguardo al giorno, lo fa per il Signore e chi mangia di tutto, lo fa per il Signore, perché rende grazie a Dio; chi non mangia di tutto fa così per il Signore e rende grazie a Dio. Poiché nessuno di noi vive per sé stesso e nessuno muore per sé stesso, perché, se viviamo, viviamo per il Signore e, se moriamo, moriamo per il Signore; sia dunque che viviamo o che moriamo, siamo del Signore. Poiché a questo fine Cristo è morto ed è tornato in vita: per essere il Signore sia dei morti sia dei viventi. Ma tu, perché giudichi tuo fratello? E anche tu, perché disprezzi tuo fratello? Poiché tutti compariremo davanti al tribunale di Dio, infatti sta scritto: “Come io vivo”, dice il Signore, “ogni ginocchio si piegherà davanti a me, e ogni lingua darà gloria a Dio”. Così dunque ciascuno di noi renderà conto di sé stesso a Dio» (Romani 14:1-12).
«Quanto a colui che è debole nella fede». Sembra rivolgersi ai “forti”, come in 15:1 («Noi che siamo forti»), dove però si può cogliere un po’ di ironia. Forse allora tratta i lettori come se fossero “forti” perché ciascuno di noi tende a sentircisi.
«Accoglietelo». La “parola chiave” di come Ebrei credenti in Gesù e Gentili credenti in Gesù dovrebbero relazionarsi, cioè “ACCOGLIERSI” reciprocamente, dato che Dio ha accolto entrambi. È la parola che troviamo all’inizio del brano (14:1-3) e nel riepilogo finale (15:7)
«Non per discutere opinioni». Precisazione molto utile. Perché è facile per noi pensare: «Il fratello non ha capito bene cosa dice la Scrittura su quel tema. Voglio invitarlo a casa e così farglielo capire». Può succedere allora che un invito a cena, avente lo scopo di rafforzare la comunione fraterna, finisca per formalizzare la distanza. Se invece invitiamo il fratello per mostrargli amore così com’è, può darsi che sia lui a chiederci perché ci comportiamo in un certo modo, dandoci la possibilità di esporre il nostro punto di vista in modo non polemico. Può darsi che il fratello si convinca o no, ma in ogni caso avrà capito meglio la nostra scelta, percependo un amore non condizionato dalle differenze di opinione. Così la comunione fraterna si rafforza, perché non fondata su scelte particolari, ma su un comune amore per Gesù, che in ciascuno di noi ha bisogno di crescere.
«Uno crede di poter mangiare di tutto, mentre l’altro, che è debole, mangia soltanto verdure. Colui che mangia di tutto, non sprezzi colui che non mangia di tutto e colui che non mangia di tutto, non giudichi colui che mangia di tutto, perché Dio lo ha accolto». Mangiavano verdure quelli che escludevano la carne (confronta 14:21), non però per gli stessi motivi per i quali lo fanno oggi i vegetariani. Un motivo poteva essere il fatto che la carne venduta era stata offerta ad un idolo o che non era stata uccisa facendone uscire il sangue, come disposto in Atti 15:29. Le disposizioni di Atti 15 riflettevano circostanze particolari, collegate alla fase iniziale della pratica di battezzare i non circoncisi, come ho mostrato in un altro libro (Ritornare al Vangelo di Pietro e Paolo. Note sugli Atti agli apostoli). Nella Lettera ai Romani, invece, le circostanze sono più mature e quindi le restrizioni non sono considerate obbligatorie. Come si può dedurre pure da 1Corinzi 8:8-13 e Colossesi 2:16. Ciò che resta costante non è la disposizione pratica, ma il principio di non scandalizzare (Atti 15:24; Romani 14:13; 1Corinzi 8:13).
«Uno stima un giorno più di un altro, l’altro stima tutti i giorni uguali». Evidentemente c’erano a Roma degli Ebrei credenti in Gesù che continuavano lecitamente ad osservare le festività ebraiche, mentre i credenti Gentili continuavano lecitamente a non osservarle. D’altronde, dopo aver battezzato Cornelio, Pietro continuò la sua vita ebraica e a Cornelio non fu imposto di conformarsi alla legge di Mosè (Atti 11:15-17).
Chi si sentiva libero tendeva a disprezzare quelli che si sentivano vincolati a certe regole, mentre quelli che le osservavano tendevano a considerare peccatori chi le infrangeva (14:3,10). Paolo invita tutti a lasciare che sia Dio a giudicare le coscienze dei singoli (14:4,12).
B) Ripresa del tema (14:13-23).
«Non giudichiamoci più gli uni gli altri, ma decidetevi piuttosto a non porre pietra d’inciampo sulla via del fratello, né essergli occasione di caduta. Io so e sono persuaso nel Signore Gesù che nessuna cosa è impura in sé stessa, però, se uno stima che una cosa è impura, per lui è impura. Ora, se a causa di un cibo tuo fratello è rattristato, tu non procedi più secondo amore. Non perdere, con il tuo cibo, colui per il quale Cristo è morto! Il privilegio che avete non sia dunque oggetto di biasimo, perché il regno di Dio non consiste in vivanda né in bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo. Poiché chi serve Cristo in questo, è gradito a Dio e approvato dagli uomini. Cerchiamo dunque le cose che contribuiscono alla pace e alla reciproca edificazione. Non disfare, per un cibo, l’opera di Dio. Certo, tutte le cose sono pure ma è male quando uno mangia dando scandalo. È bene non mangiare carne, né bere vino, né fare cosa alcuna che possa essere d’intoppo al fratello. Tu, la fede che hai, tienila per te stesso davanti a Dio. Beato chi non condanna sé stesso in quello che approva. Ma chi dubita, se mangia è condannato, perché non mangia con fede e tutto quello che non viene da fede è peccato» (Romani 14:13-23).
In questa seconda parte del capitolo 14 vengono ripresi gli stessi argomenti della prima parte. Il testo è chiaro, perciò evitiamo di dilungarci, soffermandoci solo sul versetto 17: «Il regno di Dio non consiste in vivanda né in bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo». Si comprende facilmente cosa sia la «gioia nello Spirito Santo», mentre sulla «pace» è probabile qualche equivoco e il significato di «giustizia» resta di solito nel vago.
Già se sostituiamo “pace” con l’originale ebraico “shalom” qualcuno comincia a intuirne il significato, che non significa astrarsi dal mondo per rifugiarsi fuori dalla realtà, perché questo sarebbe più buddismo che cristianesimo. La “shalom” ebraica è invece “pienezza di vita”: nella relazione con Dio, ma anche sul piano personale, familiare, economico e sociale.
Sulla “giustizia”, per comprendere cosa intenda l’ebreo Paolo, si può cominciare con Deuteronomio 16:18-20: «Costituisci dei giudici e dei magistrati in tutte le città che l’Eterno, il tuo Dio, ti dà, tribù per tribù; ed essi giudicheranno il popolo con giuste sentenze. Non pervertirai il diritto, non avrai riguardi personali, e non accetterai regali, perché il regalo acceca gli occhi dei saggi e corrompe le parole dei giusti. La giustizia, seguirai soltanto la giustizia, affinché tu viva e possegga il paese che l’Eterno, il tuo Dio, ti dà». Mentre un cristiano praticante tende a concentrarsi sulla santità, per un ebreo è centrale la giustizia, cioè un comportamento corretto sotto ogni aspetto.
Il Discorso sul monte (Matteo 5-7) è considerato come l’insegnamento di Gesù più completo ed elevato. In esso Gesù contesta la giustizia praticata dai più, delineandone un’altra: «Poiché io vi dico che, se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei, voi non entrerete affatto nel regno dei cieli» (Matteo 5:20). E più avanti dirà: «Cercate prima il regno e la giustizia di Dio e tutte queste cose vi saranno date in più (Matteo 6:33)». A volte Dio non risponde alle nostre preghiere perché non abbiamo prima cercato e messo in pratica la sua giustizia, ma molti non ne sanno il significato, oppure non hanno chiaro che cosa significhi in concreto.
Alcuni pensano che l’aspetto più qualificante di un cristiano sia la gioia nello Spirito Santo. Anche per Paolo è importante, ma prima mette la giustizia e poi una completezza di vita (shalom). La gioia nello Spirito Santo, più che l’esperienza di un momento, dovrebbe essere il traguardo di percorso impegnativo.
5. Etica in Romani 12-14 e Antico Testamento.
Non sono pochi quelli che immaginano un Antico Testamento nel quale si era obbligati ad osservare la legge di Mosè, mentre nel Nuovo Testamento quella legge sarebbe stata abolita, comprendendo male la Lettera agli Ebrei, alla quale abbiamo dedicato un precedente libro. Mentre nel primo libro di questa serie (Riassunto dell’Antico Testamento) abbiamo messo in luce quanto sia fuorviante considerare la legge di Mosè come centrale.
Non potendoci dilungare, facciamo notare come Davide e suo figlio Salomone operino una vera rivoluzione. Dato che Gesù considerava Davide come l’antenato al quale più si rapportava, non c’è da sorprendersi che prosegua sulla linea tracciata da Davide e Salomone. Per dirla in poche parole, la legge di Mosè è rivolta al popolo nel suo insieme («Ascolta, Israele», Deuteronomio 6:4), con leggi che riguardano anche le istituzioni politiche. Davide introduce il canto dei Salmi, nei quali c’è un completo rovesciamento, perché è l’individuo che chiede a Dio di essere ascoltato («Ascoltami, mio Dio», è di solito più o meno esplicito).
Rivolgendosi a Dio come singolo, Davide inaugura un pregare divenuto universale. Salomone completa l’opera con i Proverbi, nei quali insegna all’individuo come applicare nel concreto la legge di Mosè. Non è per caso che i Salmi siano il libro più citato da Gesù e dall’insieme del Nuovo Testamento, mentre i Proverbi costituiscano la base degli insegnamenti pratici.
Insomma, nel Nuovo Testamento la legge di Mosè e l’insieme dell’Antico Testamento sono più presenti di quanto si percepisce, perché spesso sono in una forma più implicita che esplicita. Possiamo rendercene meglio conto elencando le disposizioni pratiche presenti in Romani 12-14 e che si collegano più o meno direttamente a precisi versetti dell’Antico Testamento.
Romani 12:1. Donarsi totalmente a Dio. Deuteronomio 6:5-9.
Romani 12:2. Rinnovo della mente. Proverbi 1:1-4.
Romani 12:9. Amare il prossimo. Levitico 19:18.
Romani 12:10. Amore fraterno fra credenti. Salmo 16:3; 133:1.
Romani 12:11 a. Essere ferventi nella fede. Salmo 69:9; 119:139.
Romani 12:11b. Servire Dio. Giosuè 24:15.
Romani 12:12 a. Pazienti nell’afflizione. Giobbe 2:3.
Romani 12:12b. Preghiera perseverante. Salmo 42:8; 77:2; Isaia 26:8-9 (anche di notte).
Romani 12:13 a: Provvedere alle necessità dei santi. Proverbi 11:25; 19:17.
Romani 12:13b. Ospitalità. Genesi 18:1-5; 19:1-3; 2Re 4:8-10.
Romani 12:15. Condolersi. Salmo 69:20.
Romani 12:16 a. Medesimo sentimento. Proverbi 18:1; 2Cronache 5:13; Esdra 3:1,9,20.
Romani 12:16b. Umiltà. Proverbi 15:33; 18:12; 22:4.
Romani 12:16c. Non stimarsi saggi. Proverbi 27:2.
Romani 12:14,17 a. Non male per male. 1Samuele 24:17-20; 2Samuele 16:9-12; Proverbi 20:22.
Romani 12:17b. Davanti a Dio e anche davanti agli uomini. Proverbi 3:3-4; 22:1.
Romani 12:18. Evitare le contese. Proverbi 15:18; 17:14; 19:11.
Romani 12:19. Non vendicarsi o farsi giustizia. Deuteronomio 32:35; 1Samuele 25:26,33.
Romani 12:20-21. Fare del bene al nemico. Esodo 23:4; Proverbi 25:21-22.
Romani 13:1. Sottomissione all’autorità. Neemia 2:1-6; Geremia 27:12; Ecclesiaste 10:20.
Romani 13:11-12. Vivere in attesa del ritorno del Messia è simile all’attesa della sua prima venuta.
Romani 13:13 a. Non seguire l’immoralità dei peccatori. Salmo 1:1; Proverbi 1:10.
Romani 13:13b. Evitare le contese. Proverbi 13:10; 16:28; 17:14; 20:3.
Romani 13:13c. Evitare le invidie. Salmo 37:1; Proverbi 14:30; 23:17; 24:1.
Romani 13:14. Evitare le concupiscenze. Esodo 20:17; Numeri 11:4,34.
Romani 14:1. Accogliere. Isaia 65:5.
Romani 14:17 a. Il regno di Dio è giustizia. Deuteronomio 16:18-20.
Romani 14:17b. Il regno di Dio è pace (shalom). Proverbi 12:20; 17:1.