Ping pong 035. IL SOSTITUTO DI GIUDA È PAOLO E NON MATTIA?

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LIDIA DEGLI ESPOSTI (28/1/20). Caro Fernando, tu sostieni che Giuda sia stato legittimamente sostituito da Mattia e non da Paolo. Ho letto recentemente le motivazioni di un sostenitore della tesi opposta: te le riassumo liberamente subito sotto, chiedendotene un parere che entri un po’ nel dettaglio.

ALCUNI ARGOMENTI PER SOSTENERE PAOLO COME SOSTITUTO DI GIUDA.

Gesù ordinò agli undici apostoli di «non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’attuazione della promessa del Padre» (Atti 1:4-5), invece Pietro non aspettò lo Spirito e agì nella carne. Il risultato fu la prima divisione nella chiesa, dato che alcuni volevano Mattia, altri Barsabba (Atti 1:23-26).

Pietro decise tirando a sorte, seguendo i numerosi esempi presenti nell’Antico Testamento, dove si tirava a sorte per determinare la volontà di Dio. Quella pratica era però parte del cerimoniale religioso rimpiazzato dal Nuovo Testamento, cioè dal Nuovo Patto. Così Pietro ignorò le istruzioni di Gesù, ritornando alla sua vecchia vita religiosa.

Leggendo il Nuovo Testamento, è piuttosto chiaro che Mattia non era la scelta di Dio come apostolo. Suppongo fosse un brav’uomo, ma non era stato scelto direttamente da Gesù, né unto per quel ruolo. Il suo nome non è mai più menzionato nella Scrittura.

Gesù stesso chiamò il dodicesimo apostolo: Saulo da Tarso, che fu testimone “oculare” a seguito di una speciale rivelazione di Gesù (Atti 9:3-6; 1Cor 15:8; 2Cor 12:2-4). Ma la decisione di Pietro di agire al di fuori dello Spirito significò che Paolo (nome greco per Saulo) dovette continuamente difendere il suo apostolato. Ecco perché inizia spesso le sue lettere come ha fatto in Galati, dove ha scritto: «Paolo, apostolo non da parte di uomini né per mezzo di un uomo, ma per mezzo di Gesù Cristo e di Dio Padre, che lo ha risuscitato dai morti» (Galati 1:1).

 

RISPOSTA (8/1/20). Cara Lidia, su Paolo ho fatto un certo percorso di riflessione, che non è ancora concluso. Su di lui è poi in corso di traduzione un libro di Boyarin molto importante. Perciò articolerò la mia risposta in tre parti.

A)Sintetiche considerazioni sugli argomenti proposti.

B)Indicazione di miei scritti che ampliano la risposta.

C)Rilevanza del libro di Boyarin in corso di traduzione.

 

A)SINTETICHE CONSIDERAZIONI SUGLI ARGOMENTI PROPOSTI

1.Emerge subito quello che chiamo il “vizio nuovista”, secondo il quale il Nuovo Patto “rimpiazzerebbe” l’Antico Testamento, sostanzialmente disprezzato. Nella Bibbia annotata da Thompson, in una tabella posta prima del Vangelo di Matteo, si arriva persino a definire l’Antico Testamento come «Regno della morte»: un’affermazione che considero una bestemmia contro Dio e la sua Parola (vedi l’apposito post sul mio sito). L’azione dello Spirito Santo, con Atti 2, presenta certamente delle novità, ma lo Spirito è presente fin dalla creazione e permea tutto l’Antico Testamento (per es. Gen 1:2; 6:3; Num 11:17; 1Sam 16:13). Prima di Atti 2, Pietro non era “nella carne”, visto che Gesù aveva già incaricato lui e gli altri Dodici a compiere le sue stesse opere potenti (Mat 10:1).

2.In Atti non troviamo nessuna presa di distanza da parte di Dio, rispetto alla decisione di sostituire Giuda con Mattia.

3.In Atti 7:58 Paolo è definito «un giovane»: se ne deduce che in Atti 2 era ancora bambino. Perciò non in grado di sostituire Giuda. Paolo agì pienamente come apostolo solo dopo Atti 13:2: non ha senso aver lasciato vacante il posto di Giuda per tanto tempo e proprio quando c’era più bisogno di testimoni VERI della risurrezione di Gesù.

4.Dire che Paolo è stato un testimone “oculare” (mettendo cioè le virgolette), significa non  ritenerlo un testimone da portare sulla scena pubblica, perché raccontare ciò che si è visto in sogno o in visione non significa essere VERI testimoni oculari (senza virgolette).

5.Apostolo significa “inviato”, cioè “missionario”. I Dodici lo erano in un modo speciale e irripetibile, mentre Paolo è stato “apostolo” in un senso più ristretto e comune, cioè come “inviato” dalla chiesa di Antiochia (Atti 13:2-3), di una categoria che comprendeva anche Barnaba. In Atti 14:14, non a caso, è usata l’espressione «Gli apostoli Paolo e Barnaba».

6.Il fatto che poi Mattia non sia più nominato non ha alcuna rilevanza visto che, degli altri undici, vengono poi nominati solo Pietro e Giovanni, con in più Giacomo in Atti 12:2 perché ucciso.

7.Dal racconto riportato in Atti, si vede chiaramente che l’elezione di Mattia SANÒ una divisione che si era già prodotta, mentre dopo quell’elezione la Chiesa proseguì compatta.

8.Il modo come Paolo emerge nell’opera di Dio è molto inquietante per la cristianità, soprattutto per i teologi e per chi prova ad esserlo. Perché ci si ritiene capaci di capire Dio e sapere come agisce, mentre gli Atti mostrano che Dio ha operato in modi imprevedibili anche dai Dodici “delegati speciali” di Gesù, anche dopo che essi sono stati riempiti dallo Spirito Santo (Atti 2:4). Dato che non solo Paolo, ma anche Stefano, Filippo in Samaria e Cornelio emergono del tutto inattesi (Atti 6:8ss; 8:5ss; 10:1ss).

 

B)INDICAZIONE DI MIEI SCRITTI CHE AMPLIANO LA RISPOSTA

1.Gli Atti appaiono come un “biglietto di presentazione” proprio riguardante Paolo, non a caso scritti dal suo stretto collaboratore Luca. Ogni approfondimento su Paolo dovrebbe perciò partire da una corretta comprensione degli Atti. Nel mio apposito libro (“Ritornare Al Vangelo di Pietro e Paolo. Note agli Atti degli apostoli”), ti segnalo in particolare l’Approfondimento n. 6: «Gli apostoli “Paolo e Barnaba”, non “Pietro e Paolo”, p. 99».

2.Mentre nel mio libro sul Vangelo di Matteo ti segnalo il cap. 16, paragrafi 4/B e 5.

3.La mia specifica riflessione su Paolo si è concretizzata in due schede già messe online (“Paolo e Gesù” 1 e 2), alle quali vorrei aggiungerne altre fra non molto.

 

C)RILEVANZA DEL LIBRO DI BOYARIN IN CORSO DI TRADUZIONE

Daniel Boyarin è uno dei più grandi rabbini viventi e in italiano c’è già un suo libro su Gesù (“Il Vangelo ebraico. Le vere origini del cristianesimo”, Castelvecchi, 2012), dove mostra che tutto il contenuto dei Vangeli è interno all’ebraismo di quel tempo, comprese le basi dalle quali si sarebbero poi originate le dottrine dell’incarnazione e della Trinità. Il libro che è in corso di traduzione dall’inglese riguarda Paolo, definito già nel titolo come “Un ebreo radicale”. Perché con le sue scelte, secondo Boyarin, Paolo non si è allontanato dall’ebraismo, ma lo ha anzi applicato in modo radicale. Boyarin si trova a volte d’accordo e altre volte no, ma riconosce che comunque le scelte di Paolo lo mantengono all’interno dell’ebraismo. Boyarin ritiene improponibile vedere Paolo come fondatore di un’altra religione. Il dibattito in Italia su Paolo, dopo l’uscita del libro di Boyarin, credo che si dovrà porre su basi molto più ampie, perciò conviene aspettarne l’uscita (forse entro un anno).