PING PONG 021. I CRISTIANI DOVREBBERO METTERE IN COMUNE I BENI?
MARCHIDAN CRISTIAN. Caro Fernando, nel tuo libro sugli Atti degli apostoli, commentando 2:44-45, scrivi che gli ebrei di Gerusalemme mettevano le cose in comune prevalentemente perché si aspettavano la distruzione della città. In Ebrei 13:16 è scritto: «Non dimenticate di fare il bene e di mettere in comune ciò che avete. Perché sono questi i sacrifici che piacciono al Signore». Come li concili?
RISPOSTA. Quando sono in vena di esagerazioni, dico che ai Gentili dovrebbe essere proibita non solo la Lettera agli Ebrei, ma anche il Vangelo di Matteo. Perché sono libri che, più degli altri, presuppongono un lettore ben addentrato nell’Antico Testamento. Se non facciamo attenzione, quei due libri sono una fonte di equivoci quasi inesauribile.
La legge di Mosè e i profeti invitano spesso a essere d’aiuto al fratello che si trova in difficoltà economiche, ma non c’è NESSUN insegnamento e NESSUN caso di una messa in comune di tutti i beni, dato che viene sempre preservata la struttura familiare.
Anche nel Nuovo Testamento non c’è NESSUN insegnamento che inviti ad una pratica “comunista”, della quale c’è il solo esempio di Gerusalemme: un’eccezione dalle motivazioni facilmente intuibili e che ebbero presto un riscontro pratico. Dopo l’uccisione di Stefano, infatti, a Gerusalemme ci fu una persecuzione generalizzata che costrinse tutti i cristiani alla fuga (Atti 8:1), cosa che non avvenne poi in nessun’altra città. L’aver venduto i beni immobili risultò SUBITO molto opportuno. Lo sarebbe stato ancor di più dopo circa 40 anni, quando Gerusalemme fu distrutta dai Romani.
Ebrei 13:16, allora, mi sembra evidente che sia un invito a condividere con gli altri UNA PARTE di ciò che si ha, non TUTTO ciò che si ha. DAF.