Tutte le donne della Bibbia 02

File complessivo scaricabile dall’ultima serie, la n. 4 (link).

Raccolta di post da Facebook. Foglio n. 2 – Da Rebecca a Dina (15/12/16)

DDB 6. REBECCA, un magnifico inizio, poi vittima della furbizia. Alcuni ritengono che i genitori di Abramo fossero completamente pagani, sulla base di un’affermazione che Ezechiele fa (16:3) in un contesto polemico e simbolico. Se si parte da questa idea, però, è difficile comprendere la storia di Rebecca, che invece presuppone un contesto di origine di Abramo molto superiore al paganesimo dei popoli in mezzo ai quali era andato a vivere. Ne è prova il fatto che Abramo, sentendo avvicinarsi la sua fine e desiderando veder “sistemato” Isacco, mandò il suo più fidato servo a cercargli moglie nella sua famiglia di origine. Il servo, partito dalla Palestina e arrivato in Mesopotamia, fece sosta vicino ad un pozzo, chiedendo a Dio di dargli un segno preciso per sapere quale fosse la donna da lui scelta per Isacco: il segno era che la donna doveva accettare di dargli da bere, offrendosi poi spontaneamente di abbeverare i cammelli. Il servo, in sostanza, desiderava trovare una donna che fosse straordinariamente disposta a servire… e Rebecca superò la prova (Genesi 24:10-20). Accettando poi di sposare un uomo che non aveva mai visto, lasciando subito la sua casa per seguire quel servo sconosciuto: una “magnifica follia”, insomma, che alle donne riesce più facilmente che a noi uomini. Il matrimonio era chiaramente “combinato”, ma quando è Dio a farlo, allora funziona bene: appena i due si incontrarono, infatti, fu amore a prima vista. Dovendo essere sintetici, ci limitiamo a dire che Rebecca risultava sterile, ma Dio rispose alla preghiera di Isacco e così nacquero due gemelli: Giacobbe ed Esaù. Dio aveva già detto che il diritto di primogenitura sarebbe passato a Giacobbe, che era il più amato da Rebecca, ma quando ad essa sembrò che la profezia di Dio era in pericolo, decise di “aiutare Dio”, facendo travestire Giacobbe da Esaù ed ingannando così il marito. Questo scatenò un odio omicida di Esaù verso Giacobbe e ci fu il concreto rischio di una disgregazione familiare. Rebecca rimediò in qualche modo al suo errore, inducendo Isacco a mandare Giacobbe in Mesopotamia a cercar moglie, raggiungendo così un obiettivo palese insieme a quello nascosto, che era di salvare Giacobbe dall’ira di Esaù, disponendosi a rinunciare alla vicinanza del figlio più amato. Le parole che Rebecca usò verso Isacco, per convincerlo a mandare Giacobbe fra i suoi parenti in Mesopotamia, ci riportano a quanto precisato all’inizio sulla maggiore moralità del clan di origine di Abramo; essa infatti dice ad Isacco: «Sono disgustata a causa di queste donne ittite. Se Giacobbe prende in moglie […] una come quelle, che mi giova la vita?» (Genesi 27:46). Quella di Rebecca è una storia nella quale risalta a tratti la “ordinaria umanità” dei protagonisti, ma attraverso di essa Dio ha comunque portato avanti il suo piano straordinario. (Riferimenti biblici principali: Genesi 24:1 a 28:5). (17/11/16)

DDB 7. LEA, una “bruttina” che trova la via del riscatto. Lea era sorella maggiore di Rachele ed aveva un grave difetto alla vista, che la traduzione “Concordata” rende con «occhi smorti». La definizione di “bruttina” è soprattutto in rapporto alla splendente sorella minore, dato che Rachele «era bella di forme e bella di sembianze» (Genesi 29:17). Inevitabile che Giacobbe si innamorasse di Rachele ma, dopo la festa di nozze e fattosi buio, il suocero mandò nel suo letto Lea e non Rachele. Giacobbe se ne accorse la mattina e protestò, ma ormai non poteva mandar via Lea e allora finì per sposare ambedue le sorelle: Lea si ritrovò così ad essere considerata come un impiccio fra gli innamorati Giacobbe e Rachele. Sarebbe stato facile per Lea sprofondare nell’amarezza e nell’odio verso tutti, invece fra le due sorelle ci fu sì competizione ma non guerra. Dio prese a benvolere Lea ed essa, nonostante il suo aspetto, riuscì comunque ad avere qualche “attenzione” da Giacobbe, così da divenire madre di sei figli: Ruben, Simeone, Levi (capostipite dei sacerdoti), Giuda (progenitore di Davide e così di Gesù), Issacar e Zabulon. Rachele morì durante il suo secondo parto, perciò quando era abbastanza giovane, così Lea finì i suoi giorni circondata dai suoi figli e dagli altri figli di Giacobbe, il quale non cessò mai di rimpiangere Rachele, ma il suo legame con Lea andò indubbiamente crescendo. Sia considerando che all’inizio era stata soprattutto la “perdente” Lea a portare il peso di mantenere l’unità del clan, sia perché alla fine, rinunciando al “naturale” obiettivo di far prevalere i propri figli sui loro fratellastri, sarà ancora lei la “custode dell’armonia” del clan di Giacobbe.

(Riferimenti biblici principali: Genesi capp. 29-30; 33:1-3). (24/11/16)

DDB 8. RACHELE, bella e coraggiosa, ma morta al secondo parto. Rachele era «bella di forme e bella di sembianze»: un bel corpo e un bel viso, insomma. Nel nostro mondo cittadino e online non è facile cogliere l’eccezionalità del compito di pastora che svolgeva, in mancanza di fratelli. Davide lo faceva dormendo fuori la notte e difendendo il gregge da leoni e orsi (1Samuele 17:34-36), mentre c’è da presumere che Rachele la sera tornasse a casa dopo aver girato in un territorio meno selvaggio; le pecore però possono essere portate al pascolo vicino casa come eccezione, perché lì l’erba finisce subito e allora bisogna spingersi oltre. Per accettare di passare lunghe ore da sola e dove il suo eventuale grido d’aiuto non era udibile, ci voleva determinazione, coraggio e la capacità di difendersi dalle “belve a due zampe”, nella quali si trasformano alcuni uomini quando incontrano una bella giovane in luoghi isolati. Un artista non avrebbe difficoltà ad immaginare e dipingere un corpo di Rachele slanciato e sinuoso, mentre per il viso dovrebbe essere molto bravo per ritrarre una bellezza femminile sotto la quale s’intravveda anche una grinta insolita. Era particolarmente affezionata agli idoli, tanto da rubarli al padre, evitando di essere scoperta con un’astuzia (Genesi 31:34-35). Giacobbe, invece, era un tipo casalingo, a cui piaceva stare vicino alla mamma (Genesi 25:27-28). Fra Giacobbe e Rachele, perciò, sembra che ci fosse più “l’attrazione fra opposti” che quella fra simili; ma fu un’attrazione che scattò subito, con Giacobbe che si slanciò in un “bacio da cugino” già al primo incontro, un bacio accolto tranquillamente da Rachele (Genesi 29:11). Già dopo un mese Giacobbe chiese a Labano di avere in sposa la figlia Rachele, compensandolo con sette anni di lavoro: Labano accettò subito e pure Giacobbe pensò di aver fatto un buon affare, dato l’amore che portava verso Rachele (Genesi 29:20). Per sette anni, così, Rachele e Giacobbe vissero come “promessi sposi” stando nella stessa casa, ma senza nemmeno toccarsi (come usava a quel tempo). La complicità si esprimeva perciò con sguardi e sorrisi particolari, con parole all’apparenza normali ma nelle quali cogliere significati più nascosti. Arrivato finalmente il giorno delle nozze, abbiamo visto che Labano trovò il modo di dare a Giacobbe ambedue le sorelle, così Rachele si ritrovò un “marito in compartecipazione” con Lea. Anche Rachele rinunciò a scatenare la guerra e la convivenza con la sorella fu indubbiamente facilitata dalla presenza del padre. Rachele ebbe in più l’amarezza della mancanza di figli e cercò di rimediare allo stesso modo di Sara, cioè adottando un figlio fattosi fare dalla serva: un esperimento che questa volta riuscì. Poi Dio rese fertile anche Rachele che, dopo aver partorito Giuseppe, si sentì pienamente appagata (Genesi 30:22). Questa fase positiva durò solo alcuni anni, perché Rachele morì dando alla luce il suo secondo figlio Beniamino. Giacobbe non cesserà di rimpiangerla, manifestando la sua nostalgia con un amore particolare verso i due figli di Rachele (Genesi 44:27-30). (Riferimenti biblici principali: Genesi capp. 29-31; 36:16-20). (29/11/16)

DDB 9. ZILPA E BILA, due opportuni tasselli per completare l’opera. Labano donò una serva sia a Lea che a Rachele, cioè Zilpa e Bila. Furono le stesse padrone a mandarle dal marito Giacobbe, al fine di adottarne i figli. Zilpa e Bila accettarono senza problemi il compito, attraverso il quale poterono elevare il loro grado sociale e la loro considerazione in famiglia. Non si misero in competizione con le loro padrone, come abbiamo visto che aveva fatto Agar, contribuendo così alla riuscita dei complicati rapporti di Giacobbe con le quattro mogli. È evidente che per una donna non è facile condividere il marito, ma quello che è ancor meno accettabile è condividere la cucina, perciò bisogna tener conto che ciascuna delle quattro mogli aveva una sua tenda (casa) e ciò rendeva la loro situazione più sopportabile. Spesso si legge la Bibbia concentrandosi su ciascun fatto e così è difficile che della complicata storia di Giacobbe se ne colga il senso complessivo, che però costituisce la cornice entro la quale bisogna considerare i singoli episodi. L’obiettivo complessivo di Dio era quello di passare da un capostipite ad una tribù compatta e, a ben guardare, si rimane sorpresi dal fatto che, oltre alla sua indubbia potenza miracolosa, Dio abbia usato anche metodi molto umani… e scientifici! Le genetica insegna che per rafforzare i caratteri, per esempio di un cavallo, bisogna farlo procreare unendolo a consanguinee. Abramo, Isacco e Giacobbe hanno sposato delle consanguinee e ciò ne ha rafforzato la caratterizzazione religioso-culturale, ma anche genetica. La purezza razziale, però, comporta problemi vari, con il forte incremento delle tare genetiche, che si possono superare irrobustendo il gruppo con l’immissione di “sangue esterno”, cosa che fecero Zilpa e Bila senza portare “valori” diversi, essendo già ben integrate nel clan familiare. In Israele, poi, la prassi dei matrimoni all’interno del popolo fu sempre compensata dall’accettazione di proseliti di altri popoli i quali, con la circoncisione, divenivano membri del popolo a pieno titolo. Per concludere, avere dodici figli maschi da una sola donna sarebbe stato problematico e geneticamente non opportuno, mentre con la complicata storia delle quattro mogli è stato pienamente raggiunto l’obiettivo. I dodici figli di Giacobbe, infatti, diverranno un gruppo compatto che non si dividerà in base alla provenienza materna e che, nonostante difficoltà di vario genere, ha superato i millenni arrivando fino a noi. (Riferimenti biblici principali: Genesi 29:20 a 30:24). (8/12/16)

DDB 10. DINA, la tragica lotta fra cuore e testa. Dina era figlia di Lea e viene nominata non alla sua nascita, ma quando diviene significativa nella vita dei suoi fratelli. Ancora oggi, nel mondo arabo, “donna senza figli” significa “senza figli maschi”, perciò è presumibile che Giacobbe abbia avuto anche altre figlie. Dina percepì come “ristretta” la vita all’interno del proprio clan e andò a curiosare da sola fuori dell’accampamento. Il rischio sembrò andargli male perché un certo Sichem, figlio del principe di quel  luogo, la vide e la violentò. In fondo, però, sembra che Dina volesse proprio quello, perché poi si innamorò del suo violentatore, accettando di sposarlo. I suoi fratelli non sopportarono l’offesa fatta a tutta la famiglia e fecero una carneficina, riportando Dina a casa. Aggiungiamo qualche riflessione, dato che in Dina si manifesta una dinamica universale: quella del conflitto fra testa e cuore. Ad Adamo, Eva e Caino i desideri travolsero la testa, senza alla fine fargli raggiungere gli obiettivi sperati: il male è attraente, ma è come un’esca che porta alla morte chi abbocca. Quando invece è la testa che uccide il cuore, le conseguenze sono meno vistose, ma ugualmente tragiche, perché si finisce per vivere in un modo esteriormente corretto, ma che coltiva nascostamente il suo contrario. Il modo biblico per risolvere il conflitto è di sottoporsi ad un “trapianto di cuore”, dopo il quale Dio appagherà i desideri del nostro cuore (Salmo 37:4). (Riferimento biblico principale: Genesi 34). (15/12/16)