Convegno “CAPIRE L’APOCALISSE”, Chianciano (Siena) 1-2/10/16

I DISCORSI PROFETICI DI GESÙ IN MATTEO 23-25, alla luce di Geremia e Daniele

 Anticipazione dello schema della prima relazione di Fernando De Angelis (8/9/16).

  1. Premessa.

Il titolo è più ampio di quello previsto perché, rileggendo il discorso profetico di Gesù, ci ho visto molte più connessioni di quante ne immaginassi. Per sviluppare adeguatamente il titolo, bisognerebbe correggere molti pregiudizi sbagliati; come al solito, perciò, attraverso il Convegno desideriamo dare solo degli stimoli, che chi vuole può approfondire attraverso i libri predisposti. Per una trattazione più ampia di questo argomento, comunque, vedere un articolo successivo (link).

  1. Schema su alcuni rapporti fra il discorso profetico di Gesù con Geremia e Daniele.

Nel suo discorso profetico Gesù annunciò la distruzione di Gerusalemme imitando Geremia; invece guardando al futuro lontano si rapportò più con Daniele, come esponiamo sinteticamente nel sottostante schema.

  GEREMIA GESÙ
A Profetizzò alla vigilia della distruzione del primo Tempio. secondo Tempio.
B L’obiettivo primario fu di far scampare i credenti dalla spada di Babilonia, perciò su questo fu molto preciso. dalla spada di Roma
C Sul futuro che andava oltre gli ascoltatori fu vago. Idem.
D Nuovo Patto di Dio con coloro che tornarono dall’esilio. Nuovo Patto di Gesù con i discepoli
E La distruzione del primo Tempio da parte di Babilonia era stata decisa da Dio e perciò andava accettata. La distruzione del secondo Tempio da parte di Roma
DANIELE GESÙ
F Primo impero pagano (Babilonia) inizialmente positivo, poi feroce persecuzione ad opera del quarto impero, al quale seguirà il regno di Dio. Impero romano all’inizio positivo, poi degenerazione dell’umanità e odio mondiale per i cristiani, che precedono la seconda venuta (Mat 24:1-14).
G Regno finale del “Figlio d’uomo”, che sale sulle nuvole per ricevere l’investitura di re universale (Dan 7:13-14). Gesù è il “Figlio dell’uomo” che scenderà sulle nuvole per dominare su tutte le tribù (Mat 24:30).
H Separazione eterna fra saggi e stolti (Dan 12:2). Separazione eterna di pecore e capri (Mat 25:32-46).
  1. Ascoltare Geremia, più che leggerlo.

Nel cap. 29 Geremia annuncia agli esuli in Babilonia che, dopo 70 anni, sarebbero tornati nella Terra Promessa, stabilendo con Dio un rapporto rinnovato. Nei capp. 30-33 Geremia approfondì l’argomento e che si tratti dello stesso orizzonte temporale è scritto all’inizio in modo inequivocabile: «Ecco, i giorni vengono in cui io riporterò dall’esilio il mio popolo d’Israele e di Giuda» (30:3). Più avanti si legge «Ecco, i giorni vengono in cui io farò un nuovo patto» (30:31). Tutto ciò è confermato ancor più chiaramente in Ezechiele 36:24-28. Il Nuovo Patto di Geremia si riferisce perciò a quel tempo e non al Nuovo Testamento (al quale semmai si può applicare).

Ci sono profezie di Geremia che si possono considerare adempiute, come il ritorno dall’esilio dopo 70 anni. Altre invece appaiono “fallite” e ne basta una per considerare falso un profeta (Deu 13:1-5). Per esempio, Geremia annunciò che, dopo il ritorno, Israele non sarebbe stato più sconvolto né distrutto «per sempre» (30:19; 31:40; cfr. 32:39). Come per sempre sarebbe durata la rinnovata sintonia fra Dio e il suo popolo (Ger 32:39-40; 50:5). È poi affermato che «chi li dominerà uscirà di mezzo a loro» (30:9,21). «Farò germogliare per Davide un germoglio di giustizia […] non verrà mai meno a Davide chi sieda sul trono della casa d’Israele» (33:15-17). Con Zorobabele, discendente di Davide (Mat 1:12-13), di tutto questo si vide qualcosa (cfr. Esdra capp. 1-6), ma Israele rimase sempre soggetta ad imperi stranieri, non recuperando mai la piena autonomia politica.

C’è però da dire che le profezie vanno ascoltate, non lette. Geremia, infatti, parlò ai suoi contemporanei e non dovremmo perciò fare l’errore (anche se è facile caderci) di considerare il libro come se fosse stato scritto per noi. I giovani di quel tempo si dovrebbero essere sentiti molto fortunati dell’aver ascoltato Geremia, che per loro “non ne aveva sbagliata una”. Per esempio, Geremia avvisò i suoi contemporanei che Dio stava dalla parte di Nabucodonosor e che perciò bisognava arrendersi ai Caldei (Ger 27:12).

Dopo settant’anni, però, Babilonia sarebbe stata distrutta e allora Geremia informò il popolo lì residente che sarebbe dovuto fuggire (50:8-9; 51:6,45): chi gli credette avrà venduto in anticipo gli immobili e sarà stato pronto per andarsene all’avvicinarsi del pericolo. Tornati nella terra d’Israele, Geremia li informò che Dio desiderava tenerceli per sempre. A quelli che ascoltavano, interessava poco ciò che sarebbe successo nei tempi lontanissimi.

Per concludere, i profeti si concentrarono sulle esigenze pratiche dei contemporanei, non sulle curiosità degli intellettuali dei secoli successivi!

  1. Le suddivisioni dei capp. 23-25 con qualche breve commento.

1-33. Motivazioni morali della imminente catastrofe.

23:34-36. Prima sintesi escatologica («Tutto ciò ricadrà su questa generazione»).

Un legame fra questo capitolo e il successivo è che in ambedue è annunciato il giudizio sulla generazione che stava ascoltando (cfr. 24:34). Circolano fantasiose interpretazioni su «questa generazione». Bisogna però chiedersi cosa capirono gli ascoltatori di Gesù, come pure quelli di Pietro quando disse: «Salvatevi da questa perversa generazione» (Atti 2:40). Se una profezia ci appare falsa, dobbiamo riesaminare i nostri presupposti, senza illuderci di poterla rendere accettabile attraverso una falsa interpretazione.

23:37-39. Seconda anticipazione escatologica («Non mi vedrete più finché…»);

«La vostra casa sta per esservi lasciata deserta». È l’annuncio della distruzione di Gerusalemme, che però è seguito da un «FINCHÉ…»; perché prima o poi ci sarà una ritrovata sintonia fra Gesù e la sua città.

24:1-3. Le due domande alle quali Gesù risponde: distruzione del Tempio e fine di quel mondo al suo ritorno.

Per Gesù, la sua crocifissione, la distruzione del Tempio e la fine di questo mondo erano connesse logicamente: con la distruzione del mondo che si realizzerà in modo simile a quella di Gerusalemme. Crediamo che sia per questi motivi che a volte non è facile distinguere se Gesù stava parlando della fine di Gerusalemme o di quella del mondo, quando probabilmente si riferiva ad entrambe.

24:4-14. Riassunto complessivo e inequivocabile di Gesù su ciò che accadrà fino al suo ritorno.

In questa prima parte della sua risposta, Gesù delinea una progressione degli eventi fino alla fine di questo mondo e quindi al suo ritorno. Questo quadro complessivo iniziale è una bussola, che orienta sulla successiva collocazione degli altri elementi, permettendoci di distinguere fra l’essenziale e i successivi dettagli. Eppure spesso le discussioni sulle profezie fra credenti cominciano dai dettagli e trascurano il quadro generale!

Viene delineato un deteriorarsi del mondo, ma paradossalmente anche il Vangelo progredirà, arrivando a tutti i popoli. La piena luce del ritorno di Gesù arriverà nella mezzanotte morale, cioè proprio quando la malvagità sarà massima (cfr. 2Tes 1:8). Per gli ascoltatori era facile cogliere il parallelismo con quanto profetizzato da Daniele sulla venuta del Figlio dell’uomo/Messia; ci limitiamo a citare solo un versetto di Daniele: «Quando la forza del popolo santo sarà interamente spezzata, allora queste cose si compiranno» (12:7; cfr. 7:25-27).

24:15-28. Primo approfondimento “problematico” (collegamento con Daniele e grande tribolazione).

Il v. 15 richiama Daniele 11:31 ed è condiviso che si riferisca ai dominatori greci che, al tempo dei Maccabei, cercarono di distruggere la fede ebraica e l’uso del Tempio. Gesù citò una profezia già realizzatasi, rendendo esplicito che i fatti della sua prima venuta andavano considerati come profetici della sua seconda venuta. Questo uso che Gesù fece di Daniele è essenziale per comprendere l’Apocalisse, che lo adottò poi su larga scala.

Molte discussioni si accendono sulla collocazione della grande tribolazione citata nel v. 21. I cristiani dati in pasto ai leoni nel Colosseo, credevano che sarebbero stati rapiti in cielo prima della grande tribolazione? Discorso analogo dovremmo farlo per i cristiani che sono nei territori controllati dal radicalismo islamico.

Alla ciclicità della storia, si aggiunge quella del racconto, ben evidente nel fatto che questo brano (24:15-28) riprende temi già introdotti in 24:4-14. Oltre alla tribolazione già vista (24:9 in cfr. a 24:21), c’è l’annuncio dell’apparire di falsi cristi (24:5 in cfr. a 24:23-26) e di falsi profeti (24:11 in cfr. a 24:24), concludendo ambedue con la fine di questo mondo e il ritorno di Cristo (24:14 in cfr. a 24:27).

24:29-35. Secondo approfondimento “problematico”: sole che si oscura e stelle che cadono.

Per Gesù, come detto, la fine del mondo è vista in connessione con la distruzione del Tempio, ma si tratta dell’ipotesi peggiore e di una profezia condizionata, che si sarebbe verificata solo se poi Israele e il mondo avessero continuato a rifiutare totalmente Gesù. Sembra evidente che Pietro non considerasse già tutto deciso, perché lasciò intravedere che, se ci fosse stato ravvedimento, sarebbe stata possibile una fase di «restaurazione di tutte le cose», piuttosto che la catastrofe; come a suo tempo successo a Ninive, una città pentitasi e perciò risparmiata (Giona 3:4-10). D’altronde è detto chiaramente che, finché sulla Terra avverranno conversioni, Dio continuerà ad essere paziente, anche in presenza di una grande malvagità (2Pie 3:9; Apo 6:9-11).

Gesù annunciò l’oscurarsi del sole e il cadere delle stelle, ma i due aspetti richiamano parti diverse dell’Antico Testamento e perciò li vedremo separatamente. L’oscuramento del sole si trova 8 volte nell’Antico Testamento (Eso 10:12-15; Amos 8:9; Isa 13:9-11; Eze 32:7-8; Gioele 2:10-11; 2:31; 3:14-15; Amos 8:9; Sofonia 1:15). Leggendo questi passi, se ne deduce che l’oscuramento del sole è associato ad un giudizio di Dio ed è evidente che si tratta di una “espressione codificata” usata in senso simbolico (vedi Riassunto dell’AT, cap. 42/G). Anche le stelle che cadranno dal cielo richiamano un passo dell’Antico Testamento, e precisamente Daniele 8:9-12, dove si tratta di un evento simbolico prodotto da un re particolarmente malvagio. Riteniamo perciò che Matteo 24:29 vada inteso in senso simbolico; ne è conferma il fatto che, subito dopo, sulla Terra sono ancora presenti tutte le tribù e Gesù ci arriva per regnare insieme ai suoi discepoli (24:30-31).

Annunciando che vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nuvole con gran potenza e gloria (24:30), Gesù identificò se stesso con lo straordinario re universale profetizzato in Daniele 7:13-14, che sarebbe sceso per prendere possesso del regno. Gesù affermò dunque che il pieno manifestarsi del regno di Dio non poteva essere realizzato subito, come profetizzato, ma si era resa necessaria una sua “seconda venuta”. Il progetto complessivo di Daniele, cioè l’avvento del regno di Dio e la eliminazione dei malvagi, restava pienamente valido, ma Gesù lo avrebbe portato a compimento in un tempo successivo.

24:36-51. Prima esortazione alla vigilanza.

Dentro la cornice temporale di quella generazione, non è determinato il giorno preciso. Sulla vigilanza c’è un’insistenza “esagerata”, che si protrae fino 25:30, dovuta forse al fatto che sarebbe stata sempre necessaria, prima in attesa della fine di Gerusalemme, poi di quel mondo (protrattasi per più di 2000 anni).

25:14:30. Terza esortazione alla vigilanza (parabola dei talenti).

La promessa di un regno “terrestre” che Gesù fa ai suoi discepoli è ancor più chiara in Luca 19:11-27. «Dopo molto tempo» (v. 19). Un segno che Gesù stava pensando anche oltre la distruzione di Gerusalemme.

25:31-34. Riaffermazione del ritorno finale di Gesù e della instaurazione del suo regno.

Che sia una ripresa di temi già visti è chiaro, perché il ritorno di Gesù qui descritto è parallelo a 24:27-31. È inequivocabile la prospettiva finale di Gesù per i discepoli: un glorioso regno sulla Terra con la loro partecipazione.

25:35-46. Riaffermazione del traguardo finale già delineato da Daniele (eterna separazione fra giusti e ingiusti).

Gli ingiusti «se ne andranno a punizione eterna; ma i giusti a vita eterna». Una chiusura, significativamente parallela a Daniele 12:2, ripresa poi dall’Apocalisse (20:10; 22:5). Una «vita eterna» alla quale Daniele dà il significato di “vita dopo la risurrezione”, che è mantenuto poi in tutto il Nuovo Testamento.